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Che fine faranno i contenuti scritti online, intesi come sforzi testuali per vincere la gara sui motori di ricerca, quando il marketing che galoppa oggi, e che la fa da padrone sui Social media, è il Visual Marketing? Non è una novità di oggi che video e immagini stiano scavalcando qualunque altro contenuto online e questo ha effetti evidenti anche nelle scelte che le aziende devono fare quando si tratta di promuovere prodotti o servizi e nella disponibilità di strumenti da usare per fare marketing.
Qualche numero a sostegno del Visual:
http://blog.hubspot.com/marketing/visual-content-marketing-strategy
Insomma, le persone preferiscono ricevere informazioni in una maniera facile e veloce, senza fatica. La fonte di questi dati non può che essere un’infografica.
Un caso esemplare di questo new deal è rappresentato da BuzzFeed, ad esempio, con i suoi 200 milioni di visitatori unici al mese (il 50% con età compresa tra i 18 e i 34 anni) e il 75% di visite provenienti dai Social Media.
Il Copywriter o il web marketer che vuole far salire la propria pagina in SERP di Google è interessato a ciò che gli utenti cercano sul motore di ricerca, che diventa l’arena del confronto. I clienti riversano i bisogni su Google, i concorrenti sono su Google. Tutto il sapere si trova nei dati collezionati da Google e soci e resi disponibili con i vari Google Suggest, Google Adwords e strumenti analoghi. Il web marketer, dunque, studia gli interessi cercati online, produce contenuti e analizza i risultati. Un processo sicuramente difficile ma lineare: individuazione dei problemi – offerta di soluzioni.
Il problema per chi si occupa di intercettare i bisogni degli utenti è che esiste un’enorme massa di contenuti visuali prodotti a ciclo continuo nella vita dei consumatori: questa grande mole di dati – perché di dati si tratta – sono un mix di desideri, passioni e interessi degli utenti, rappresentati in maniera soggettiva in un flusso continuo in diversi luoghi, online e non, pubblici e non, se si considera poi che solo in piccola parte immagini e video degli utenti sono online: la gran parte di foto e video giacciono nascosti all’interno degli smartphone, mai diffusi.
Ciò implica uno sforzo maggiore da parte delle aziende per capire il proprio target, anzi per individuarlo nella massa informe e mutevole del mondo Social; e una maggiore complessità nel gestire la percezione e i valori di un marchio online.
Da questo punto di vista è in crescita l’interesse verso i contenuti visuali generati dagli utenti [LEGGI alcuni casi top di Crowdsourcing], che rendono il concetto di brand “liquido”, ridefinito ogni giorno dalle esperienze singole dei clienti – occasionali o meno – che in varie parti del mondo danno la loro definizione del tal brand, positiva, negativa o neutra che sia.
Questo “flusso di coscienza” molto social è rischioso per il brand che non vuole gestire la propria immagine riflessa nei Social Network e online in generale. Nascondersi, non partecipare, può solo accelerare il processo di scivolamento incontrollato di un marchio dall’azienda ai consumatori e ai detrattori.
1)Analisi razionale delle soluzioni offerte a determinati bisogni e 2)coerenti aspetti valoriali, di immaginario di marca, si mescolano e diventano due facce della stessa medaglia nel processo decisionale di acquisto: e questo è tanto più vero quanto più aumenta la concorrenza tra diversi prodotti e servizi. Dove aumenta la competizione, vince chi presta attenzione ai dettagli.
A supporto della difficile azione di controllo e della produzione di contenuti visuali immediatamente assorbibili dagli utenti, nascono una serie di strumenti che dimostrano l’ascesa dell’importanza del Visual Marketing.
2 esempi su tutti:
1.Con Olapic (http://www.olapic.com/) puoi ascoltare il web alla ricerca di immagini che normali utenti hanno pubblicato relativamente al tuo brand, chiederne i diritti di utilizzo e osservare i risultati a livello di engagement e diffusione. La cosa curiosa è che questo programma analizza:
Sull’e-mail mi partono fantasie e ansie da “Grande Fratello” (Orwell, non Marcuzzi)…
2.Si parla di Visual Marketing Automation anche con Chute (getchute.com), con il quale si ha a disposizione una dashboard con cui gestire tutti i propri contenuti visivi da distribuire nei vari canali online, tramite processi automatici. Una specie di Hootsuite per il visual, se non fosse che con Chute è possibile – allo stesso modo di Olapic, in verità – ascoltare la rete, individuare contenuti visuali degli utenti da poter riutilizzare, monitorando le statistiche al termine della pubblicazione.
Non mancano case history di successo, in cui i brand affidano al visual marketing la voglia di raccontare storie e rappresentare i propri valori (http://blog.curalate.com/2015/08/05/how-5-brands-are-using-fan-photos-to-tell-powerful-stories/), ma c’è un caso che più di altri è (apparentemente) sorprendente…
Cosa ci fa Bank of America su Pinterest?
https://www.pinterest.com/bettermoneyhabits/ – Con finalità di comunicazione, certamente, ma Bank of America è partita dall’esistenza di 1,3 miliardi di pin con tema “gestione dei soldi”, un target utente di genere femminile all’81% e una larga collezione di dati relativi ai desideri (viaggi, famiglia) degli utenti che Pinterest starebbe collezionando – secondo Forrester Research – con l’intento di orientare e segmentare con grande efficacia dal punto di vista pubblicitario. Sull’account di Bank of America si trovano board come “comprare casa” e “piani di viaggio” con cui veicolare immagini, consigli sulla gestione delle finanze e link al sito di “educazione finanziaria” di Bank of America, ossia https://www.bettermoneyhabits.com/index.html.
A colpi di 70 mila repin, Bank of America ha addirittura conquistato sul campo il diritto ad entrare tra i 30 beta tester della piattaforma di Ads di Pinterest.
– John Siracusa – chief executive of mOSa Marketing
Il fine di fondo di Bank of America era quello di migliorare il livello di reputazione medio dell’Istituto, soprattutto verso i Millennials, target principe di Pinterest. [LEGGI come si comportano i Millennials in chiave Marketing], con effetti positivi anche lato SEO – (riempimento della pagina dei risultati di ricerca).
Allo stesso modo Wells Fargo, nel 2014, ha puntato particolarmente alle mamme su Pinterest, dando loro consigli di risparmio quotidiano con immagini evocative che rimandassero al grande obiettivo familiare, ossia il futuro dei figli e il risparmio finalizzato al pagamento delle rette per il college. Il “link emozionale” che si genera nelle mamme di Pinterest porterà, nelle speranze di Wells Fargo, ad una migliore percezione del brand nel segmento famiglie e prodotti-servizi correlati.
Per queste due banche e per molte altre Pinterest altro non è che il Google delle immagini dove intercettare i loro nuovi utenti, ri-alimentando il proprio brand.
Fonte: http://www.americanbanker.com/news/bank-technology/pinterest-is-paying-off-for-these-big-banks-heres-why-1075878-1.html
Se a queste considerazioni si aggiunge che i vari Pinterest, Snapchat e Instagram stanno testando una struttura e-commerce da integrare per i loro utenti (lo ricordo: principalmente “Millennials”, ossia persone abituate ad acquistare beni online), si arriva alla conclusione che il Visual Marketing è fondamentale per le sorti di qualunque business, sia dal punto di vista della comunicazione che delle vendite dirette ai propri target utente.
Fonti principali
http://blog.hubspot.com/marketing/effectiveness-infographics
http://blog.hubspot.com/marketing/visual-content-marketing-strategy
http://www.americanbanker.com/news/bank-technology/pinterest-is-paying-off-for-these-big-banks-heres-why-1075878-1.html
http://www.paymentssource.com/news/paythink/social-appls-will-deliver-an-e-payments-base-businesses-cannot-ingore-3021841-1.html
http://www.cjr.org/analysis/buzzfeed_2014.php
http://expandedramblings.com/index.php/buzzfeed-statistics/
blog.curalate.com/2015/08/05/how-5-brands-are-using-fan-photos-to-tell-powerful-stories/
Credits immagine: http://ericcornhillphotography.com/wp-content/uploads/Photography-1.jpg
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