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Quantità, qualità e CPL nell’Inbound Marketing: quando Pareto non basta

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Principio di Pareto

Il principio di Pareto è un risultato di natura statistica che si riscontra in molti sistemi complessi dotati di una struttura di causa-effetto. Una formulazione intuitiva di tale principio afferma che circa il 20% delle cause provoca l’80% degli effetti. Esso prende il nome da Vilfredo Pareto (1848-1923), uno dei maggiori economisti italiani e trova applicazione in una sorprendente moltitudine di ambiti e discipline

Cito Pareto (vedremo poi il motivo) perché ritorna – pur con le dovute considerazioni qualitative – anche nel caso di studio che presentiamo oggi. Si tratta di un progetto di inbound marketing in cui l’obiettivo finale, la conversione, era dato dal download di una risorsa gratuita.

Un caso piuttosto classico, con ingente traffico alle landing pages suddiviso tra traffico diretto, da referral (sponsorizzati), da CPC. Target: Manager e Imprenditori di grandi aziende e pmi. Quindi un target b2b.

Inbound Marketing, un caso di successo: chi ha portato più risultati?

Una volta preparate le landing page, identificati i canali di comunicazione, studiato il piano media per la promozione e suddiviso il budget, si è partiti con la campagna reale. Ovviamente misurando i risultati di ciascuna fonte di visite. A fine campagna, ecco i risultati (riportiamo numeri arrotondati, in alcuni casi):

Testata giornalistica nazionale – 380 lead

Facebook Lead Ads – 170 lead

Blogger (n° 10) – 50 lead

Traffico naturale (dai presidi corporate) – 40 lead

LinkedIn Ads – 17 lead

Totale: 657 lead, ossia oltre 500 manager/imprenditori potenziali clienti, interessati ai contenuti (e forse ai servizi) del brand promotore.

fonti dei lead campagna inbound marketing

Da qui la legge di Pareto, se oltretutto consideriamo che la pubblicazione sulla testata nazionale, oltre che dare un apporto in fatto di conversioni nettamente superiore agli altri canali, ha prodotto circa 50 pubblicazioni in altri siti web che – sulla falsariga della testata nazionale – hanno rilanciato la notizia. Un vantaggio anche in fatto di Link Building.

Però Pareto non è tutto…

Quanto sono costati questi lead?

Ok la quantità dei lead, ok la qualità dei contatti ricevuti. Ma per valutare professionalmente i canali promozionali attivati, bisogna soppesare quanto sono costati i vari media ingaggiati in relazione ai risultati ottenuti.

Ecco i CPL – Costo per Lead – per ciascun canale. La classifica cambia notevolmente…

Traffico naturale (dai presidi corporate) – gratis

Facebook Lead Ads – 4 euro per lead

Testata giornalistica nazionale – 20-25 euro per lead*

LinkedIn Ads – 25 euro per lead

Blogger (n° 10) – 48 euro per lead

*Il CPL delle grandi testate giornalistiche è molto vario e dipende dai costi di PR. Il valore che rileviamo noi, così come tutti questi valori, sono significativi solo per questo tipo di caso di studio; in altri progetti potrebbero variare molto.

Ad ogni modo, qualche conclusione generica sul CPL potrebbe essere:

  • Facebook costa sempre molto poco (eccellente rapporto qualità prezzo).
  • LinkedIn e i grandi mezzi di comunicazione costano abbastanza e non sono adatti per qualunque progetto, ma la qualità si paga.
  • Blogger: nota dolente, lo dico con rammarico…

Quali lezioni trarre da questa campagna?

Non bisogna affrettare il giudizio, né fare l’errore di pensare che le seguenti considerazioni possano valere per qualunque altro progetto. Avendo seguito direttamente la campagna, ci sono molte variabili qualitative da considerare:

  1. La forza delle grandi fonti di informazione. Un quotidiano nazionale dà grande impulso a una campagna di inbound marketing. I quotidiani non sono affatto “finiti”, anzi: l’autorevolezza che li accompagna permette di registrare un hype enorme di risultati, concentrato in pochissimi giorni. Per quanto riguarda la qualità dei lead, nulla di nuovo sotto al sole: a fronte di quasi 400 lead in una manciata di giorni, si trovano i riferimenti di alcune grandi aziende; in numero maggiore pmi e professionisti; infine una larga massa “fuori target” di utenti comuni e curiosi.
  2. Facebook per le campagne lead-based è diventato uno degli strumenti principali nel portafoglio del web marketer, grazie alla capacità di a) segmentare con grande precisione gli utenti desiderati; b) garantire un’esperienza utente semplice e immediata, che incentiva il rilascio dei propri dati; c) a costi difficilmente battibili.
  3. Blogger, poche luci e molte ombre. I lead non sono tanti, quello certamente no (la quantità di lead va divisa per il numero di blog coinvolti). La qualità dei risultati, invece, è media, più o meno in linea con gli altri referral (ma senza lead da grandi aziende; solo pmi e freelance). Ciò che lascia perplessi è il costo per lead: a fronte di grandi richieste economiche da parte di tanti blogger, non c’è poi un gran ritorno sull’investimento. Anzi: il CPL (costo per lead) dei blogger in questa campagna è di gran lunga il peggiore.
  4. Traffico naturale: non va trascurato. La campagna deve pervadere i touchpoint dell’azienda che attiva la campagna di inbound marketing, non va sprecata alcuna occasione. I risultati ottenuti sono la prova. Oltretutto, questi sono lead che già conoscono il brand e che si sono imbattuti nel contenuto gratuito in seguito a una prima visita ai siti aziendali non guidata dal driver “gratuità”, quindi sono contatti potenzialmente di gran valore dal punto di vista commerciale.
  5. LinkedIn Ads non va sottovalutato: pochi lead ottenuti, ma tutti di grandissimo valore. Si tratta in molti casi, infatti, di top manager di gruppi industriali di grande fama. Quindi a fronte di un costo per lead elevato, corrisponde una qualità estrema dei pochi lead racimolati. A questo proposito, ti suggeriamo la raccolta di nostri articoli a tema LinkedIn e in particolare come funziona LinkedIn Ads.

Che ne pensi? Hai avuto esperienze analoghe o diverse in termini di quantità, qualità e CPL dei lead ricevuti?

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