Ci sono servizi pubblicitari come adblade.com; ligatus.it; outbrain.com; taboola.com che forniscono un codice da inserire nel proprio sito per mostrare “articoli correlati”, con titoli curiosi che fanno venir voglia di cliccare: li avrete visti sicuramente sulle pagine online dei più grandi quotidiani. Per ogni click sugli articoli sponsorizzati – evento che io immagino essere abbastanza frequente – sia il quotidiano online che la piattaforma pubblicitaria hanno un guadagno. E’ così che guadagna il blogger del futuro?
Non è così semplice, ma andiamo avanti.
Il meccanismo interessante di questa forma di pubblicità contestuale, che ricade nel noto Native Advertising (definizione su Wikipedia), è costituito dalla perfetta aderenza del messaggio promozionale ai contenuti del sito in cui si trova e alla continuità informativa che l’utente può ritrovare durante la sua navigazione.
Questi motivi rendono il Native Advertising così attraente per tutti coloro che gestiscono siti web; il problema semmai sta nel fatto che per poter aderire ai servizi che ho elencato sopra servono minimo 3 milioni di visite al mese (circa), ad eccezione di LinkWeLove, che accetta tutti ma ha scarsità di annunci e una categorizzazione ancora ridumentale, e di Google Matched Content, ramo di Google Adsense.
Se non siete un big della comunicazione, insomma, lasciate perdere.
Ma Native Advertising non significa solo articoli correlati sponsorizzati: significa anche stesura di post sponsorizzati, e-mail marketing e visibilità Social che un blog o un sito (o un canale comunicativo online, qualunque esso sia) possono offrire agli inserzionisti in maniera molto approfondita e puntuale, con un’ingaggio notevole verso i lettori.
Significa anche video sponsorizzati, discussioni a pagamento su Reddit, prodotti sponsorizzati su Amazon.
La differenza rispetto alle classiche campagne pay per click / display sta nel diverso ingaggio offerto dai 2 mondi pubblicitari:
- con le campagne display / pay per click si ha un “effetto megafono”, con una comunicazione di massa di un messaggio di marketing;
- con il native advertising gli inserzionisti selezionano con più cura i canali comunicativi (influencer vari, siti e blog con i loro rispettivi canali Social e liste mail) per parlare a una platea di utenti più ristretta, probabilmente, ma anche più “a target”, legata a determinate tematiche e maggiormente attenta, fedele e leale al canale comunicativo.
Oltre a ciò, si parla sempre più di “cecità ai banner” da parte degli internauti, che sono disposti a leggere contenuti sulla base della credibilità acquisita dal tal blogger ma sono sempre più impermeabili al click sui banner pubblicitari. A ciò aggiungiamo le mosse di alcuni grandi player come Google, che ha bloccato in Chrome gli annunci in flash e Apple, permettendo agli utenti di scaricare app che bloccano la pubblicità nel browser Safari.
Per tutti questi motivi, c’è una crescente fiducia in questa tipologia di guadagno online nel momento in cui si riesca ad avere un minimo di autorevolezza su tematiche specifiche, a prescindere dalle grandi moli di visite richieste da certi advertiser.
Se poi guardiamo i numeri del Native Ads osserviamo una crescita costante, almeno negli USA
2013: spesa in Native Advertising di 4,7 miliardi di dollari
2015: spesa in Native Advertising stimata in 11 miliardi di dollari
2017: spesa in Native Advertising stimata in 17,5 miliardi di dollari
Dati: Business Insider e HubSpot
Quindi praticamente chiunque*, in futuro e in parte già oggi, può guadagnare con il Native Advertising, a prescindere da piattaforme “esclusive” come Outbrain e soci: oltre ai grandi portali online, c’è tutto un mare di canali di comunicazione di nicchia – di coda lunga – che possono arrivare con successo all’utente finale.
Ho messo l’asterisco* su “chiunque”. Prendo a prestito le parole di Luca Catania di Madri Marketing:
La Rete offre opportunità di lavoro, soprattutto ai giovani. Ma non sono soldi facili. Bisogna essere sempre aggiornati e dedicarsi con passione.
Guadagno diretto VS Guadagno Indiretto
Passione, costanza, studio, investimenti su tematiche precise: solo così è possibile crearsi una propria credibilità online con la quale monetizzare.
Il Native Advertising – solo a questo punto – rappresenta una possibilità concreta. Ma per chi riesce a tagliare questo traguardo e a guadagnare credibilità, allora si aprono davvero molte altre possibilità di guadagno cosiddetto “indiretto”:
- Infoprodotti, e-book e libri quando siete riconosciuti come esperti di un certo settore, arrivando a guadagnare fino a 25mila euro al mese.
- Co-marketing e collaborazioni di vario genere, come fece a suo tempo Chiara Biasi – fashion blogger – con Bikini Lovers.
- Formazione, speech pubblici e consulenza ad aziende.
- Lavori correlati: diventando un personaggio pubblico si ottengono facilmente altri lavori grazie alla fama ottenuta in quanto blogger credibile. E’ il caso, ad esempio, di Guglielmo Scilla, che ha conosciuto la fama con il suo video-blog su YouTube e ora lavora per radio Deejay, tra le varie cose.
- Guadagnando anche con la pubblicità tradizionale e le affiliazioni di marketing (super semplificazione per spiegare l’affiliate marketing: “sponsorizzo un prodotto esterno e ne ricavo una % sulle vendite generate dal mio sito”)
Secondo molti blogger ed esperti della rete, come Dario Vignali e Claudio Gagliardini da me intervistati su AlVerde.net, il guadagno del blogger è principalmente indiretto, ossia non deriva dalla pubblicità a cui darete spazio, ma dalle collaborazioni che riuscirete a ottenere grazie alla visibilità e alla credibilità ottenuta.
Tutto vero, ma penso sia sbagliato avere così poca fiducia verso il guadagno diretto da fonti pubblicitarie. Una cosa che emerge forte, ultimamente, è relativa al fatto che questo tipo di guadagno online si affranca sempre più dal sito stesso.
È paradossale, forse, guadagnare online senza avere un sito web proprio, ma in realtà qualunque canale di comunicazione con centinaia di migliaia di seguaci è più che sufficiente per diventare una fonte apprezzata, credibile verso il proprio target.
Non ci credete?
Guardate questa notizia di pochi giorni fa apparsa sul Corriere: questa blogger australiana, 18 anni, con oltre 600 mila follower, chiude il suo account Instagram (per aprire un blog, però) dopo aver guadagnato fino a 1300 euro a post sponsorizzato.
Ho evidenza diretta di un noto e apprezzato professionista nel campo della salute, in Italia, che si è attestato su cifre analoghe per un articolo sponsorizzato o scritto di suo pugno per altri portali online.
Sembra una bolla pronta a scoppiare, eppure c’è chi – grazie a conoscenza, bellezza o capacità sociali – riesce a radunare masse adoranti online, che sono ben liete di seguire ogni respiro emesso dall’esperto di turno. Si chiama Marketing Personale, ne’ più ne’ meno.
Skande a proposito di influencer marketing sottolinea giustamente che:
Non è un segreto. La vita digitale di molte persone si è spostata sui social media. Molte persone hanno maturato la consapevolezza che oggi è facile entrare in contatto con un gran numero di persone e hanno compreso che loro stessi possono essere veicoli di informazione.
Il passaparola da fonti credibili (come gli influencer online) porta, infatti, ad altissimi ivelli di influenza nella decisione degli acquisti (tra il 20 e il 50% secondo McKinsey)
Negli Stati Uniti, il blogger-giornalista-intrattenitore-markettaro-libero professionista è un modello che funziona, prende piede ed è assistito da tantissime piattaforme pronte a fornire continue occasioni di business a questi nuovi capi-popolo: basti pensare…
- alle sempre più numerose piattaforme che hanno in qualche modo a che fare con le sempre più onnicomprensive “digital PR”(come Doz, Teads, Augure,UpStory, etc);
- alle piattaforme di Affiliate Marketing;
- alle agenzie pubblicitarie e agli uffici stampa/marketing;
- alle Content-Ad Platform come le 4 citate ad inizio articolo;
- alle singole aziende che cominciano a muoversi in autonomia con azioni dirette verso gli influencer online o con la creazione di progetti di affiliazione sempre più vasti, che sorpassano e stracciano totalmente il concetto di post sponsorizzato in cambio di percentuali sugli incassi dati dalla vendita di prodotti.
A mio avviso, questo modello di blogger-influencer online si sta affermando sempre più anche in Italia: si va in questa direzione in maniera decisa.
Siete d’accordo? Come guadagnerà il blogger in futuro e come si evolverà il guadagno online?
I social sono in effetti il mezzo più diretto per fare pubblicità. C’è però da dire che nel calderone esiste tanta schifezza (o fuffa), fatta di followers comprati che falsano il mercato. Agenzie e PR che non utilizzano sistemi “che smascherano” numeri gonfiati, si trovano ad investire su personaggi che valgono molto poco e che rendono quindi poco in termini di visibilità per aziende ed infine vendite.
Il blog, rispetto ai social, è un mezzo più onesto dove la qualità dei contenuti è un valore imprescindibile per avere numeri e successo.
Vero Eleonora, al tempo stesso ho visto tantissime agenzie di PR – anche molto quotate – basarsi per motivi di tempo quasi unicamente “sui numeri”…