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Il “Messy Middle” può sembrare il nome di una sitcom degli anni 2000, ma in realtà è uno dei modi migliori per i marketer di comprendere il percorso di acquisto dei consumatori di oggi e capire come decidono se comprare o meno.
Tradizionalmente, il diagramma del “Messy Middle”, così come viene descritto da Google, assomiglia un po’ a un ciclo infinito con due punti di uscita: trigger e acquisto.
Ecco un’immagine che, a nostro avviso, concretizza in modo efficiente il concetto di cui abbiamo appena parlato.
Naturalmente, ogni marchio vorrebbe che tutti i suoi potenziali clienti entrassero in questo flusso attraverso un “trigger” e uscissero dal circuito in modo lineare compiendo un acquisto: il fatto è che il percorso decisionale che i clienti compiono non è mai così lineare e il Messy Middle ce lo spiega alla perfezione.
⚠️ In questo articolo vogliamo considerare non solo gli acquisti, ma anche quasi qualunque conversione B2C o B2B che non siano vendite e-commerce (per esempio telefonate o mail), perché da nostra esperienza questo “percorso tortuoso” avviene anche nei processi decisionali relativi ai servizi.
Cerchiamo di capirne qualcosa di più!
Sommario
Che cos’è e come funziona il Messy Middle?
In che modo i consumatori entrano in questo ciclo apparentemente infinito e molto intricato?
Con ogni probabilità la risposta a questa domanda non è univoca: nel momento in cui un consumatore inizia a prendere in considerazione l’idea di compiere un acquisto, è già entrato nel circuito, molto probabilmente sul lato dell’esplorazione, chiamato “exposure”.
L’exposure o esposizione del Messy Middle 🔦
In primo luogo, esaminiamo l’attività della canalizzazione superiore, cioè il momento in cui il potenziale cliente viene “esposto” alla possibilità di compiere un acquisto ed entra nel ciclo.
Google ha scoperto che questo momento cruciale è generato quasi sempre da una combinazione di fattori scatenanti, dal passaparola alle pubblicità online, da un cambio nello stile di vita a condizioni socio-culturali particolari.
Pertanto, essere al primo posto nella mente e nel cuore dei potenziali clienti è ancora più fondamentale di quanto stimato in precedenza, molto di più di una strategia finalizzata unicamente alla vendita.
Un brand riconoscibile, presente e attento a creare notorietà beneficerà di queste accortezze nel lungo periodo, mentre un marchio che punta tutto sulla vendita potrebbe avere un buon ritorno nell’immediato, ma alla lunga sfuggirà dalla mente dei clienti e non riuscirà più a sovrastare il “rumore” che i potenziali clienti sperimentano quando si introducono in un ciclo d’acquisto (passaparola, esperienze pregresse, pregiudizi personali, pubblicità, …).
Exploration & evaluation, cioè esplorazione e valutazione: il momento del pensiero 🧠
Una volta che gli utenti sono incanalati nel processo di ricerca, entrano in una fase di esplorazione e valutazione.
A volte il percorso dal trigger all’acquisto è breve e viene compiuto saltando del tutto la fase di ricerca.
Un loop che non sempre porta verso l’uscita e cioè l’acquisto!
Si capisce subito che capire come decidono i clienti in fatto di acquisti, non è cosa così banale, anzi.
I dati di Google ci vengono in aiuto: le statistiche in merito alle ricerche effettuate online dagli utenti mostrano che ad oggi i potenziali clienti cercano più attivamente opzioni, multi-tab e/o soppesano proposte da più rivenditori alla volta.
Il prezzo è quasi sempre la componente meno importante e i clienti desiderano maggiori informazioni prima di prendere una decisione.
Le strategie di marketing che cercano di forzare il percorso del cliente portandolo a compiere un faticoso salto dal momento dell’esposizione a quello dell’acquisto hanno vita corta, perché non aiutano l’utente a raccogliere informazioni e a muoversi nel complesso processo decisionale.
Il “purchase” o acquisto: solo una minima parte dell’esperienza complessiva
Anche dopo aver fornito tutte le informazioni giuste, per convincere il cliente a prendere una decisione di acquisto, potrebbe essere necessaria una spintarella.
I consumatori sono altamente suscettibili agli stimoli emotivi e Google ha identificato sei “pregiudizi cognitivi” che modellano il comportamento di acquisto, sia in positivo che in negativo (acquisto o scelta di un concorrente):
Queste leve possono essere trasmesse attraverso svariate modalità, ad esempio:
I dati di Google ci raccontano tuttavia che il momento dell’acquisto rappresenta solo una piccola parte dell’esperienza complessiva che il cliente può compiere alla fine del Messy Middle ed è qui che l’importanza del customer care, della customer experience, del retargeting e del community marketing si fa sentire a gran voce.
Il cliente va “coccolato” mentre sta compiendo l’acquisto e va tenuto in grande considerazione in futuro, per far sì che, quando rientrerà nel ciclo, sceglierà di passare dal trigger alla transazione nel minor tempo possibile!
Una riflessione finale sul Messy Middle
Il “Messy Middle” offre una nuova prospettiva su come i consumatori interagiscono con i marchi e vivono il percorso d’acquisto, andando a superare il modello del funnel di marketing.
Gli esperti di marketing dovrebbero prendere in grande considerazione questi insegnamenti e testare le intuizioni che ne conseguono nelle proprie strategie di branding, vendita, community e targeting.
I brand che avranno davvero successo saranno quelli capaci di basarsi su una strategia che non tiene conto solo delle conversioni, ma che aiuta i clienti a muoversi nel processo di exploration ed evaluation.
Quelli che tenteranno di forzare il tragitto indirizzando i potenziali clienti dal trigger all’acquisto rimarranno indietro nel lungo periodo.
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